MILANO - Teatro Arsenale 23 gennaio 2003
Dietro l’improbabile anagramma contenuto nel titolo, si cela forse il testamento letterario dell’autore, Charles Bukowski.
Pur scritto in prossimità della morte, è un testo sorprendentemente ricco di humor, che tratta con sferzante ironia i temi della poesia, della morte e della vita, col suo ineffabile significato.
La piece riprende quella che è la letteratura pulp nel senso primo del termine, cioè quella "narrativa immondizia" fiorita tra gli anni 20 e 30 negli Stati Uniti, farcita di annunci pubblicitari inframmezzati da racconti polizieschi d’intrattenimento: ne trae un piccolo gioiello, incastonato sul personaggio di Buk Chinaski, un investigatore privato alquanto raffazzonato che si trova alle prese con alieni, miliardari e la Signora Morte stessa.
Questo ad onta dell’accademia letteraria Nordamericana che, nonostante il consenso del pubblico ed il plauso della critica straniera continuava a considerare Bukowski come un romanziere velleitario.
La messa in scena è delle migliori: la colonna sonora è eseguita dal vivo, da musicisti che vengono sapientemente impiegati anche come attori e i retroscena, anziché essere raccontati, vengono rappresentati con l’aiuto di un megaschermo in bianco e nero proprio sopra le teste degli attori, ausilio interessante anche per la resa del carattere di personaggi minori e per la collocazione spazio-temporale di azioni che verosimilmente avvengono fuori scena.
Recensione per Radio Mach 5 a cura di :
LISA SCHOCCHIA
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